L'opinione

#tiromancino – Aurelia: va ora in onda “La Strada nella prateria”. Colpo di scena dalla Corte europea della giustizia

Tiro Mancino

GROSSETO – Solo la recentissima sentenza della Corte europea di giustizia sull’autostrada Livorno-Civitavecchia (A12) poteva aggiunge confusione al casino. E l‘ha fatto fino in fondo. Lasciando tutti interdetti sul da farsi.

Il succo è questo: la proroga della concessione a Sat (Società autostrada tirrenica) dal 2028 al 2046 vale solo per il tratto da Civitavecchia a Cecina. Mentre non vale per quello da Livorno a Cecina, già realizzato e in esercizio sin dal 1993, quindi prima della convenzione unica del 2009 sulla quale verteva il ricorso. La motivazione de facto della sentenza – con argomenti giuridici lapalissiani – è che non si può impedire la proroga a una concessione per un’opera mai realizzata a causa dei ritardi (clamorosi) della parte pubblica concedente.

A leggere il dispositivo della sentenza, in verità, si capisce bene che questo era l’esito scontato di un ricorso presentato anni fa dalla Commissione europea e sollecitato dall’Ance contro lo Stato italiano per violazione della normativa della concorrenza. Ma soprattutto utilizzato politicamente da ambientalisti, così come a destra e a manca, per ostacolare la realizzazione del mitologico Corridoio tirrenico.

La cosa simpatica è che oggi, se volesse, Sat, controllata al 99,9% da Autostrade per l’Italia, potrebbe pretendere legittimamente di realizzare il tratto autostradale mancante. Che collegherebbe i caselli di San Piero in Palazzi, a due pasi da Rosignano (Li) a quello di Tarquinia (Vt). Completando così l’autostrada Livorno-Grosseto-Civitavecchia (A12), della quale il mondo è in attesa sin dal lontano 1969. A dimostrazione dell’elefantiaca inefficienza del Belpaese.

Tutto questo, si badi bene, dopo che un anno e mezzo fa – passando per inenarrabili cambi di direzione – Stato, Regione ed Enti locali avevano finalmente trovato un accordo per fare adeguare all’Anas la vecchia statale Aurelia con gli standard di una superstrada a 4 corsie, e limite di velocità a 110 km/h. Operazione che l’ex ministro delle infrastrutture Graziano Del Rio aveva iniziato a finanziare con i primi 300 milioni, poi inguattati non si sa bene dove dal suo contestatissimo successore Danilo Toninelli. Recentemente desaperecido.
Come nella classica evoluzione del sempiterno gioco dell’oca, oggi la sentenza della Corte europea di giustizia potrebbe far tornare tutti alla casella di partenza. Se Sat decidesse di procedere.

Cosa che però non è detta. Per molti motivi. Gli scenari sono diversi e al momento imponderabili. Sat, infatti, potrebbe voler realizzare da sola l’autostrada. Ma dovrebbe aggiornare il piano finanziario, capendo se l’opera sia o meno in futuro capace di garantire redditività. Magari smentendo quelli che gli fanno strumentalmente i conti in tasca, per dimostrare l’insostenibilità dell’opera.

Potrebbe altresì, in quanto concessionaria, decidere di affidare a qualcun altro l’opera mettendo a gara un project financing. Potrebbe, forse, monetizzare e chiedere danni? Oppure trattare per chiudere la partita con una transazione. Oppure, ancora, chissà – dato che Sat è controllata da Autostrade per l’Italia, che notoriamente dopo il crollo del ponte Morandi non veleggia in acque calme – la Livorno-Civitavecchia potrebbe rientrare nella trattativa generale con il ministero dei Trasporti sulla revisione delle concessioni autostradali.

In assenza di certezze, al netto della rincorsa alla dichiarazione politica di circostanza, gli spifferi dai palazzi del potere dicono di una strategia prevalente che punterebbe alla “riduzione del danno”: tenere duro sull’adeguamento dell’Aurelia da parte di Anas, per non ricominciare da capo una discussione che minaccia di dilatare ancora i tempi, col rischio poi di trovarsi con l’ennesimo pugno di mosche in mano. Accordo ingoiato obtorto collo anche da chi era storicamente a favore della realizzazione dell’autostrada. Perché piuttosto che niente, è meglio piuttosto!

Vada come vada, l’assurda vicenda del Corridoio tirrenico – che nel merito è stata un surreale e pluridecennale dibattito sulla differenza tra un nastro d’asfalto largo 23 metri invece che 28 (più o meno) – potrebbe essere protagonista di una serie televisiva di nicchia. Che saprebbe dare grandi soddisfazioni ai patiti di logistica e trasporti. Qualcosa del tipo “La Strada nella prateria”, che a sua volta richiamerebbe un telefilm di successo come “La Casa nella prateria”. All’incirca della stessa età della A12.

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